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242 | Capo quarto |
«turni. Potè dirsi una setta quella de’ troba.
dori, e poeti, e le sette sappiamo, quanto influiscono nella morale, e «nel genio d’ogni nazione. L’epicureismo corruppe i greci, e i romani, al parere di Montesquieu, e fu nuovo epicureismo per noi quell’amore cantato nei versi, e nei romanzi, onde venne la frivolezza, la galanteria, la follìa ne’ francesi, e ne’ provenzali, quindi ne’ siciliani, e in tutte alfine le provincie italiane più colte. Or gl’intelletti avvezzatisi a quel mirabile, che sì forte rapisce, come i cuori a quel molle, che tanto seduce, non gustan più il vero, non aman più il giusto, e l’onesto. Così s’altera tutto, e gli scrittori per esser letti, e graditi son romanzieri. Il furono in ogni nazione così per gran tempo, e chi può dir sin da quando? Sempre è l’ultima la ragione, e la filosofia, sempre l’errore, e l’inganno precedono. Da Tito Livio, anzi da Erodoto sino a noi i miracoli strani, le apparizioni, le fattucchierie non men, che le origini più mirabili, e sin celesti piacquero sempre, e chi può dir quando dispiaceranno?
Giac-