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Mille Cento. 225

le, e che crescon sempre quando le nudre

l’emulazione, l’amor della gloria, la speranza del meglio, l’idea della felicità. Tali erano in que’tre secoli gli alimenti di quelle passioni. Così, e non altrimenti s’intende, come tra tanti disastri, ed ostacoli si soste. nesse la nazione italiana, anzi s’alzasse ad una coltura, e potenza non più veduta, le città si rifabbricassero più d’una volta, tornassero sempre i cittadini a far corpo, e partito, si ripigliassero l’armi, si ravvivasse il commercio, e gli studj, le arti, le manifatture d’ogni maniera, sicchè quando pajea doversi ricadere nella barbarie, allor si giugnesse al lusso, ed all’abuso.

Che se ad alcuno rimanga dubbio su quele parole d’Otton di Frisinga, e dell’Urspergense da noi citate in lode degl’italiani, ohe dopo il detto non sembrano meritarle, io penso doversi quelle intendere per confronto de’ tedeschi, i quali stavano ancor peggio di noi. E quanto alla sobrietà ognun facilmente n’è persuaso. Ma deve ancor peri suadersene quanto alla urbanità, all’econcs mìa, alla prudenza (massimamente* nel seco» Tomo VII. l'1q