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216 | Capo terzo |
Ma prima di lasciar quésto secolo torniamo
addietro un momento per dare un’occhiata filosofica all’epoca più singolare, che mai avesse l’Italia. Imperciocchè ne’ due, o tre- secoli, che andiamo scorrendo, può ravvisarsi tutta la forza intrinseca d’una nazione per rimettersi dai più gran mali, ed innalzarsi alla maggior potenza, e grandezza. Divenne in essi una nazione, qual non era mai stata, ne fu dopo mai più, una potenza europea predominante per le ricchez^ ze, un centro del mondo allor conosciuto pel commercio, un modello dì letteraria cultura, e d’industria. Anticamente non fu così, perchè Roma assorbiva ella sola tutto ciò, che fu poi comune a tutte le italiane provincie. La Grecia antica fu qualche tempo simile a lei, quando facea per molte repubbliche, o per alcuna di loro ancor sola un mirabile corpo, e terribile di forze marittime, e militari, di libertà, di commercio, di studi, combattendo la Persia, e giungendo all’Indie con quelle spedizioni, che ponno dirsi le sue crociate, ed umiliando i Darj, e i Sersi) eh* erano i suoi Federighi. In quest’epoca si vide