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Mille. | 119 |
gno sacro, o profano per consultar passi, e testi, per trarne copie, per farne confronti. Venivano sin di Francia, di Germania, e d’Inghilterra monaci, preti, vescovi a questo fine, allorchè nelle badie d’oltre monti, e d’oltre mare, che anch’esse ne furon ricche, per caso mancassero, o non fosser compiuti1. Il più spesso volgevansi a Ro-
- ↑ L’abate Lupo di Francia mandò chiedendo tra gli altri al pontefice Benedetto III. morto nell’857. parecchi codici, per copiarli a benefizio de’ monaci
dalla città era stata assegnata? Una copia a penna di Plutarco pagossi 80. ducati d’oro, dice l’Orlandi.
Sin presso al 1400. non avea Carlo VI. re di Francia più di novecento volumi nella sua reale biblioteca. I più d’essi d’astrologia tradotti dall’arabo. Bibbie, e ascetici molti, pochi santi padri, nulla di Cicerone, e i soli Orazio, Lucano, Boezio di antichi poeti. Luigi XI. anche più tardi impegnò de’ suoi argenti per aver copia di Rasis medico arabo tradotto in latino. Ma noto è assai, che il Poggio comprò una villa col prezzo ricavato da un Livio venduto, e il Panormita offrì un suo podere per comperarlo da altri. Sicchè non fa maraviglia tanta scarsezza di codici intorno al mille.