jpotrebbesi sospettare avervi luogo ancora agl’ inventori nella tragica, nella comica, nella satirica, e parlando de’ gen; in generale n averne a chiari storici, ad utili romanzieri, a morali filosofi, e politici egregi. N°n §*à, che in tutto manchiamo di tali autori, e de-, gni ancora di molto pregio, ma questi sono il più delle volte 0 per lo stile snervato, o per la lingua antica, o per la lunghezza, e prolissità, 0 per poca critica, e molta parzialità disgustosi, oltre all’essere molti mal conosciuti per rare stampe, o per troppo lenta comunicazione tra noi della letteratura ne’ paesi italiani. E fu credo perciò, che un dotto bibliotecario romano a questi anni trovossi a duro passo, dimandandogli certo signore straniero, quai fossero veramente i Plutarchi, e i Senofonti, il Tito Livio, ed il Tacito dell’Italia, e giugnendo a provocarlo per fino di mostrargli un Timeo, delle Tusculane, o qualche almeno Ciropedia, qualche in fin morale, e filosofica, e diiicata insieme, e profonda opera di Luciano degna, o di Aristofonte, come erano degni d’Aristotile, e di Platone i dialoghi di Galileo, Ma