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Note. | 345 |
Jo dunque confesso d’avere spesso consultato ine stesso ponendomi a scrivere, e dimandato alla coscienza quai forze, quali talenti, qual impulso mi conduceva a farmi autore.j Non ho trovata ragione e risposta, fuorché, quella di sentirmi un cuore ardente per le lettere, e pel bello ed il buono, cioè per 1* opere degli antichi. Quel trovarmi in mez-!
zo a loro elevato sopra me stesso, compenetrato dalla grandezza de’ pensier loro, e partecipe quasi del lor diritto d’ammaestrar gli uomini e d’allettarli con uno srii naturale, non preso in prestito, non comandato fuorché da un intimo sentimento onesto; mi fa prendere arditamente la penna in mano.
Così trovomi divenuto autore senza volerlo o professarne 1’ uffizio, senza cingere il manto o l’alloro, senza pretendere a far de’volumi. Così parmi che il fossero que’ miei maestri, l’opere tutte de’quali sono originali, nate da un fondo Jor proprio, non copie, nè immagini d’altre, nè frutti di vanità o d’interesse, come attestalo la mia fortuna. Perciò vissero e vivono per tal impronta. Chi sa, diss’ io nella beata illusione f Y j chi