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282 | Note. |
scrivere, e Io straordinario in versi o in prosa. Ma lo stil degli antichi maestri non può senza pericolo trasfigurarsi quanto alla so-’ stanza, e mai non sarà in fallo, chi segue M. Tullio e Livio per esempio, chi beve ai miglior fonti de’ greci, de’ latini, degl’ ita.
Jiani, a questi però infondendo gran parte’di quelli, il che non mancò al trecento, e al cinquecento. Guai chi volesse pur me*’, scervi a parer nuovo Io stil francese, o l’in<v, glese, od altro tale, ch’ei certo non giu-t gnerebbe alla posterità, o ne sarebbe abborri-ft to. Fe gran danno la novità dello stile a Serafino dall’ Aquila, al Geo, al Tibaldeo, poi al Marini, e a suoi seguaci, ed oggi al Genovesi, e a’ suoi da me altrove citati.
Lazar ini, Manfredi, e i Z anotti, e Muffe i; e Foscarini, e Frugoni, e Algarotti, e Pe-.
ri ni, e Granelli, e Rossi, e Varano, e non^ pochi moderni in verso e in prosa, benché tutti diversi, pur tutti bebbero a tai sor.
genti. Non parlo d’altri più giovani autori a noi troppo vicini.
Or l’altro genere di novità, che richiede, si per non essere imitatore serviie, ma crea, tore,