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276 | Note. |
dal fondo del proprio ingegno. Parlo di quel, le, che hanno i lor covili assai più riposti, onde per rintracciarle vi bisogna quel veltro generoso, che chiamasi furor poetico, il quale con giri, e raggiri qua e là scorrendo y Je fa sortir daJIe macchie, e dalle lor tane. Tal. per esempio quella delle anime de nipoti d’Enea da lui vedute ne’ campi elir sj lungo le rive del fiume Lete, che dopo
im giro d’anni prescritto doveano uscire alla
luce } onde il poeta prende occasione di celebrare le imprese più segnalate de’ romani, e soprattutto quelle d’Augusto, che gli stavan più a cuore. Il qual pensiero non poteva certamente cadèrgli in mente, se non per una gran ventura, che gliel presentasse senz’alcuna ricerca, o per una strepitosa caccia, che giugnesse col suon del corno fin dentro a quell’oscuro ripostiglio di filosofia pitagorica, onde uscì una fiera sì pellegrina. N solo in una lunga tessitura, ma talora in un semplice filo si scorge la forza d’un poeta inventore. Tale è per esempio quella vaga fantasia di Francesco Petrarca -, mentre ftnava Sorga per rivedere quella sua $1 ce-