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Note. | 267 |
poetica tanto più sono poeti insegnando, quanto insegnano meno, e quanto dilettano più trascorrendo per campi fecondi di poesia. Laddove Lucrezio, ed Arato, e Dante stesso guastano in certo modo la poesia per voler troppo esser dotti, tormentando con prosa dura e misurata in esametro, e con rime forzate e strane gli orecchi per voler parlare co’ rermini delle dottrine lor filosofiche, o teologiche, onde ha 1’ uno e 1’ altro un’ asprezza scolastica mortai nimica di poesia. Ma percht: pure son nati poeti, scuotono il giogo quanto più ponno, e scappa« dai ceppi della dogmatica per poetare e dipignere, e movere colle patetiche descrizioni della peste, e della morte d’ Ugolino e de’ figli. Così gli esordj, così le chiuse de’ libri e de’ canti son per tutti questi quasi luoghi di scampo e di rifugio, ove spogliano volentieri la giornea di dottori, per ripigliarvi la lira e l’alloro poetico, La seconda riflessione si è, che poco o nulla può da’poeti impararsi, ove trattan di scienze. Esiodo infatti nel poema dell’opere e de’ giorni t: censurato come poco filosofo; Virgilio pretendeSi /