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amabili per le grazie, se non sono ricercate.
Ambi divini, perchè molto, o poco hanno di tutti què’ pregi (i).
Se non che sento dirmi, che la meraviglia mette radice nella mia picciolezza, e la sensibilità nella mia debolezza, onde temo non siano forse prestigi dell’amor proprio, pregiudizi d’arti inventate, inganni degli uomini accordatisi, o sedottisi insieme. Ma gridali pur altri al mio cuore, che la natura è quella che parla, che l’anima è quella, che le risponde, e che son uomo perciò, ne debb’ essere niente d’ umano alieno da me, nè a me sconvenevole. Mi sembra l’uomo qualche cosa di grande, e di delicato, capace ognor di perfezionarsi, e nato a ciò!
ma ad altri sembra il contrario, e dicon l’uomo menzogna, o stoltezza, un essere limitato, e destinato a sedursi, le scienze, e Je arti medesime nuocere alla sua perfezione.
A ciò pensando, e riflettendo quali circostanze accompagnino tutto questo, come il (i) Nota decima settima.
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