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Genj. | 15 |
terni, e si perda in quel suono, e non bada ad altro con una forza, una rapidità, un'applicazion di trasporto, che par fuor di se, ed io presente son da lui trasportato, nè mi ricordo più il suonatore, non veggo più l’arco, e lo stromento, non ho altro senso, fuorchè l’orecchio, e l’anima è tutta armonia.
Le note a lui non servono, che di un disegno, o modello, su cui dipigne, vola, inventa, crea, signoreggia a talento; ed io non sentj da un violino giammai tante cose, poemi, quadri, affetti, contrasti, e non mi stanca per quanto pur suoni. Mi dicono, ch’ei non si stanca in casa suonando da se, e passa l’intere giornate con l’idolo suo. Ben riflettei, conversando con lui, che diviene eloquente parlando dell’arte sua, ch’è superiore ai pregiudizj della musica italiana o francese, che senza parzialità le concilia, ed è tutto fuoco parlando dell'armonia generosa, profonda, e passionata, odiator della fredda, affettata, e corrotta.
E qui prevengo il lettore, che questa seconda parte, la quale ai genj appartiene, esser dovrebbe una storia dell'opere loro più insigni,