ma, che già non abbondan di troppo. Non è dunque essa ben chiara l’idea propostami nel mio scrivere? E perchè un altra tutta diversa ed anzi contraria vuolsi a questa sostituire chiedendomi un trattato di metafisica? Sia sublime chi ’l vuole, io non ambisco, il ripeto, poggiar tant’alto per sedere a mensa co’ genj celesti del secolo, e ber con loro l’ambrosia e il nettare delle incomprensibili a noi mortali altissime teorie dell’olimpo filosofante. E ciò tanto meno m’alletta quanto più dopo quindici anni ch’io scrissi, e dopo dieci che pubblicai le mie idee veggo ognora multiplicarsi, e dominare per tutto quelle sdegnose divinità sprezzataci de’ semplici affetti umani, de’ dolci moti del cuore, e d’ogni dono imperatoci dalla natura, che tanto piacque a que’ rozzi secoli, non so perchè detti d’oro, de’ greci, e de’ latini. Avrebbon essi saputo immaginare giammai, siccome i nostri autori moderni, quella gloria di render difficile il facile, di far un arte e un sistema d’ogni più semplice, sensazione, d’affaticar l’intelletto per le vie spontanee del cuore. Essi che si studiarono di sparger