Pagina:Bettinelli - Opere edite e inedite, Tomo 3, 1799.djvu/252


Note. 229

Roti,22?

NOTA Vili. Per chi troppo imbevuti de’popolari giudici intorno alla favola, alle finzioni, ed aile follie de’poeti non ben vedesse come il vero sia proprio delle bell’arti, e delle lor opere p’:ù sublimi; brevemente rammento gire’celebri assiomi, anzi canoni di poesia, che nati v’ha bello se non ’e vero, che vero e bellezza, ed anzi bontà sono lo stesso, e simili altri pronunciati da Socrate, come accennalo Senofonte ne’ memorabili, da Platone irt più luoghi, e da molti modem!.

Ciò spiegasi non solamente col beilo morale, che dee trovarsi in quell’opere colla verità, ma con quelle norme eziandio e misure de’ bei corpi, colle quali alla mano esaminando la lor bellezza trovasi giusta e vera nel’e sue proporzioni, ed armonie ddlle parti. A toglier poi meglio il pregiudicio può ricordarsi che il vero no:i è un solo, nè quel.’o^ del matematico dover confondersi con quii del filosofo, nè questo con quel dello storico, dell’oratore, del poeta, e degli altri tu:ti. Ognun d’essi ha un proprio vero più o men pieno e perfetto secondo i gradi in che dal geometra scende sino al poeta. Quegli è nel