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SONETTO XL.
Qual, o Ippolito, in tua mente presaga
Volgi destin d’Italia, ahi non più bella!
Sotto il poter di sì maligna stella,
4Che in torbo ciel su noi da un lustro vaga?
Di stragi a l’Alpe, e in Val di Po non paga
Desta sul picciol Ren face rubella;
Larva di pace al Tebro offre più fella,
8E più Sebeto in affidarlo impiaga:
Mincio ingombran ruine, Adige in armi
Freme non sue, Benaco in rosso è tinto,
11Rivolti in pianto di Catullo i carmi.
D’Adria che fia, se non ha il ferro cinto,
Se a infidi amici, o a l’acque crede? Ah! parmi
14Schiava Italia morir, se Marco è vinto.
RISPOSTA
Saverio, indarno con virtù presaga
Tento veder, se Italia ancor fia bella.
Tra molti venti, senza luna, o stella,
4Per un immenso mare il mio pin vaga.
Pur vivo, e spero: alma, che tanto è paga
Di se, quanto a ragion non è rubella,
Disprezza i colpi de la sorte fella,
8Che investe il saggio ancor, ma non l’impiaga.
Quindi men vado tra le insolit’armi
Con alto viso, e di timor non tinto,
11Quindi alterno con te gli usati carmi:
E ne l’usbergo, onde Sofia m’ha cinto,
Che tu pur vesti, e in pochi veder parmi,
14Compiango insieme il vincitore, e il vinto.