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di Virgilio e Inglesi. 93

o d’altro secolo Petrarcheschi giurati abbiamo in conto d’inutili nel regno dell’ottima poesia Creatrice, Dipintrice, e d’Estro Madre, e di sublimi affetti Signora, e Donna.

Ciò da me detto, mostravansi tutti quegl’italiani, che alle sbarre stavano del ricinto, molto in viso crucciosi, ed allora vieppiú quando fatteci venir in mano, e passar sotto all’occhio le poesie loro latine con le lor prose, le quali tenevansi quasi a riserbo per un più certo trionfo, udiron da noi, poichè alquanto l’ebbimo considerate, doversi anch’esse sopprimere, siccome purissime copie dell’opere nostre, e degli autori del mio tempo; benchè lor perdonassimo certi falli nel latin metro commessi, che al nostro orecchio defformi, ed insoffribili riuscivano, a lor pareano gentili, che in una lingua scriveano incerta, e non più viva. Ma non perdonossi ad alcuna Elegia, non ad alcuna Storia del Bembo, od Orazione del Casa, nè a’ poemi medesimi del Sannazaro, del Vida, e di cento lor pari, e pedissequi freddi e per pochi seguaci di tutti noi. Alla qual nuova offesa via più turbato quel popolo