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di Virgilio e Inglesi | 53 |
le cose belle paragonato a quello delle malvagie, e nella soprabbondanza di quelle a queste, io concludo che Dante non deve esser letto più d’Ennio e di Pacuvio, e che al più se ne devono conservare alcuni frammenti più eletti, come serbansi alcune statue o bassi rilievi d’un antico edifizio inutile e diroccato.
Tacque alfin Giuvenale, e parve a tutti quel declamatore e satirico ch’egli è infatti per sua natura, ma insieme fu riconosciuto veridico e giudicioso nella sostanza delle sue critiche. Allor tutte quell’ombre di poeti, che mi stavano attorno, e massimamente i greci, che si dolevano del torto lor fatto per tanto tempo dagl’italiani, i quali avean messo Dante in pari sede con esso loro, dimandarono d’essere redintegrati. Fu dunque deciso, che Dante non dovesse aver luogo tra loro non avendo il suo poema veruna forma regolare, e secondo l’arte. Esiodo, Lucrezio e gli altri autori di poemi storici o filosofici a’ quali parea più tosto appartenere, ricusaron d’ammetterlo, se non si purgava di tante finzioni ed invenzioni