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di Virgilio e Inglesi 29

cer nuovo, e troviamo più venustà, e più vaghezza in cotanta varietà di metri e di accenti quando son maneggiati da mano esperta. I pregiudizi in fine, che neppur la perdonano ai morti letterati, svanirono, e col tempo e colla docilità siam giunti a gustare le nobili poesie del vostro parnaso. Orfeo stesso, che non ha mai degnato di cantare su la sua cetera versi latini,e a paragon de’ greci non può soffrirli, fa udir sovente ai boschi, e ai fiumi di questo soggiorno dolcissime canzoni italiane, mentre io con Omero godiam di parere a noi stessi più gravi, e più armoniosi mettendo le nostre similitudini, e le più vive immagini dentro un’ottava rima, quasi in più nobil quadro. Ma non così dolci nè così belle troviam d’ordinario le poesie di coloro, che nuovamente vengon dai vivi, e di versi italiani ci assordano. Quindi costoro, che per profession di poeti son puntigliosi, e per ignoranza superbi, ci sprezzano, e fanno insulto. Qual diletto, e qual pregio possiamo in farti trovare nell’opere loro, che nulla hanno di poesia fuorchè qualche suono? Noi che sappia-