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giorno certe poesie (frugoniane si nominavano io credo) d’armonia piene, di colori, e di grazia, preso da un estro improvviso gridò a noi rivolto, o matre pulcra filia pulcrior, applicando a questa figlia della lingua latina quel verso da lui fatto in altro proposito. E nel vero piace a noi tutti singolarmente la figlia, perchè ha schifati con gran vantaggio que’ suoni troppo conformi, e quelle tante, e sì tetre terminazioni in um ur us, che disfiguravan la madre.

Egli è ben vero, che nell’italica poesia trovammo da prima qualche spiacevole novità. L’infinito numero e qualità di versi differenti, grandi, mezzani, e piccioli, tronchi e sdruccioli, tutti ad accento e non a misura, or troppo simili, or troppo diversi nel suono; senza fissi riposi, e rompiture, onde par verso ogni parlare; infin quanto era nuovo per noi ci nojava. Soprattutto le rime strana cosa ci parvero, e barbara usanza, e quasi un sussidio trovato per supplire al mancamento della dolcezza, e maestà del verso. Ma con l’assuefare l’orecchio a quell’eco perpetua siamo venuti a sentirvi un pia-