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pur volea metter inano nelle lettere e nelle arti, giudicandone decisivamente col compasso e coll’ostinazione di una testa di tripode letterario. Ma il suo zelo piti ostinato era l’adorazione degli antichi in ogni maniera di studi, sicchè per lui non avean fatto il minimo avanzamento le scienze da due mille anni in qua, e le lettere avean solo scapitato e sempre erano ite di male in peggio.

A’nostri tempi non uomini nascer dunque ma pecore predicava, la man di Dio non mettere al mondo più di quelli ingegni, esser chiusa la strada per sempre dopo che essi vi son passati. Greci e latini doversi dunque tradurre e studiare; non italiani, e molto meno francesi, inglesi e tedeschi, le quat genti per natura di clima e di temperamento non esser atte ad alcuna opera dell’ingegno. Bello era però udir le sue sentenze intorno a’ libri e agli autori più illustri. Newton, Leibnizio, Galileo con tutte le accademie d’Europa, e le loro fatiche ed opere dì un secolo niente hanno fatto, che pregiar si debba, o sol quello hanno fatto di bene, fhe fatto era già dagli antichi. Pappo, Archi-