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anzi schiavo a cento padroni che s’incontran per via, dopo d’essere stato il Popol Romano Sovrano del mondo, e dopo aver per ischiavi tenuti i Re; e gli onori, le inclinazioni, i gran titoli ad ogni gente profusi, tutto ciò ben parea strano a me, che con Orazio, e con gli altri, diceva Mio caro amico a Mecenate, ch’era l’amico, e il ministro dell’imperadore. Assai temo, che codesti usi vostri siano indizi di vanità, e di debolezza, onde volete nodrirvi d’un’apparente grandezza perduta avendo la vera. Gli antichi Romani ignorarono tutto questo, e signoreggiavano tutta la terra.
Ma venghiamo alla Poesia. Non ho potuto tacervi, amici Italiani, le nuove cose da me vedute, perché d’alcune purghiate la patria, se far si può, e d’altre intendiate la vanità e la follia. Così avvenisse pure degli abusi poetici, e letterarj, che allignan tra voi! Per non annojare me e voi lungamente parlandone eccovi in poco i giudizj, che Greci e Latini portarono intorno a’ vostri Scrittori, poiche dalla terra tornato agli Elisj recai loro certe novelle de’ vostri Poeti esaminati