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italiana poesia. Nè altrove che in Roma pensai di poter esserne a pieno istrutto, ove siccome in centro, tutto l’ottimo della terra non che dell’Italia sapea ritrovarsi. Ma qual Roma fu quella, ch’io vidi! Benchè il Tevere, e i sette colli, e il Tarpeo, e l’Esquilie mie stesse, ove sì dolcemente abitai, non mi lasciassero temer d’errore, pur non credetti d’essere in Roma. Ben m’aspettava di veder mutate le cose dopo diciotto secoli, ma non certamente a sì gran segno. Un deserto mi parve quella Regina del mondo, e tra il silenzio delle vie solitarie, tra l’infezione dell’aria, e l’impaludare de’ luoghi un tempo più frequentati, m’arrestai per orrore, e mi rivolsi fuggendo a cercare gli abitatori, e la gente Romana. M’avvenni appunto ad un luogo, ove stava sedendo e dentro e fuori una moltitudine di persone diverse tra loro ragionando; mentre quà e là versavasi loro dentro piccole tazzeliquori fumanti, che al color tetro, ed al profumo odoroso asiatiche, e straniere giudicai. Di poesia ragionavasi appunto, e leggevansi versi di fresco venuti dal più gran poe-