|
sopra le Lett. e l’Arti Mod. |
203 |
la memoria del doloroso dicadimento d’Italia, e di Modena principalmente, la quale per avventura colla sua stessa grandezza viappiù a barbari fece invito per devastarla.
Sin dal tempo di Costantino armato contro Mesenzio fu questa città saccheggiata, indi da Massimo tiranno, poi d’Attila, poi da Odoacre, insin dai Goti, dai Vandali, da’ Visigoti, e da’ Longobardi per cinque secoli lacerata, e come se si temesse di vederla risorta per la ruina de’ barbari e per l’impero pacifico di Carlo Magno, eccoti al 900. nuovi torrenti di mori, di saraceni, d’avari, e d’ungri guastarne l’estreme reliquie, e ridurla al niente, divenendo qui intorno vasto deserto, e palude disabitata, neppur potendo dirsi di lei Et campos ubi Troja fuit, che nessun campo appariva nel generale ed orrendo dilagamento del decimo secolo.
Dimentichiamo dunque il nome, e l’onore di romani coloni; quella Modena fu sepolta, disparve l’antica, noi abitiamo una nuova città, e la più nuova può dirsi d’Italia, ma tanto più gloriosa, se agguaglia