vani italiani, che nati siano con vera vocazione di felice talento spontaneo aprendo loro, e mostrando una strada non di vana, e falsa gloria, ma forse della più pura felicità, che in questa vita possa ottenersi, e che sì poco si ottiene dagli uomini gittati a caso ne’ sentier disastrosi di professioni non a loro appropriate, e convenienti. Siano pur nobilissime, ed utilissime la medicina, e la giurisprudenza, che omai son le sole destinate tra noi a chi non vuol essere ozioso, siano degne dell’uomo due scienze, che mirano alla conservazione dei beni o dell’onore, o della vita dei cittadini. Ma v’ha delle anime dilicate, o paurose, che tremano al ripensare, che il medico ancorchè dotto s’incarica d’un peso immenso per l’arte incerta, e fallace onde pende la vita altrui, e che girando di casa in casa di letto in letto coll’obbligo di decidere arditamente sulle speranze, e su i timori di cento malati, e delle loro affannose famiglie trovasi il più delle volte non solo disonorato dalle morti non prevedute, e non prevenute, ma lacerato nella coscienza dai rimorsi fondati d’avere per