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la pancia più dura d’un muro. E noi ci divertivamo a picchiarci, vicendevolmente, cazzotti sopra. M’ero fatto scuro e grasso: bestemmiavo e cantavo lungo i borri in fondo alle vallate, camminando tra i roghi, le canne e i pioppi; che si sentivano tremare sotto le nostre mani. Qualche volta andavamo a pesticciare su i seminati, scappando a tempo con le scarpe che non si alzavano più da quanto fango c’era rimasto attaccato. Ma ero contento di non portare più il colletto e d’avere una giubba non meno rattoppata di quella dei miei amici. Ci sentivamo con un mezzo fischio, ci capivamo a volo storcendo a pena la bocca o alzando le sopracciglia e raggrinzando la fronte: certe nostre risate avevano significati impos-