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concorre a dar quivi alla Valle un carattere alpestre spiccatissimo.

A sinistra s’erge il M. delle Coste (531 m.): appare imponente e grandioso più di quel che non sia, per la ripidezza dei fianchi che sprofondano, per quei costoloni di macigno che dal sommo delle spalle del monte salgono contorti alla cima, per massi enormi lì quasi a staccarsi e rotolare al fondo, per quelle folte boscaglie di conifere che ne rivestono le pendici, specialmente vicino alla Briglia, dove è più ripido e petroso.

La bella strada, che lievemente salendo passa per le Coste, è fiancheggiata nella parte inferiore da una fila di cipressi che le danno aspetto fantastico. La casa che vedesi laggiù sulla sinistra del fiume è Gamberame; ove è un’antica ramiera; la strada, che di là sale, s’unisce a quella di Fabio (V. Itin. 18, Via c.). Più avanti, ad una voltata della via provinciale che strapiomba sul fiume, vedesi nel letto una pigna di ponte; eravene uno antichissimo, sul quale la strada passava per salire alle ville del contado pratese, Meretto o Meletto, Fabio, Faltugnano, Parmigno e alle alture di M. Cagnani. Anche oggi chi ben riguardi, ritrova le tracce della vecchia via lastricata che valicava il ruinoso Rio e saliva nella grande e popolosa città di Meretto, la quale posta quasi sulle spalle del felice Bisenzio già diede leggi a tutta quella valle e ora, o gran varietà delle cose umane! è divenuta sede di arbori e di viti nidio di volpi e cova di lupi; così novellava quell’ameno scrittore di Messer Agnolo Firenzuola1. Oggi Meletto, in-


  1. Firenzuola, La prima veste dei Discorsi degli Animali, v. I, p. 103.