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Bisenzio, versa le sue acque a questi tre fiumi per declivi tutt’affatto differenti per pendenza e per cultura. Quello del Brasimone mite e ricco di pasture e faggete, che si fanno tagliare dal Comune di Bargi: almeno si rispettassero le macchie, così necessarie, delle crine! L’altro della Setta, assai breve, è a lieve pendìo e vestito di piante; quello del Bisenzio è ripido, scosceso, mostrando in alto i filoni orizzontali di roccia calcarea e qualche pianta rara, intristita di faggio.

Questo monte segnava il confine tra lo stato pontificio e la Toscana, come oggi tra provincia bolognese e fiorentina: lungo la cresta si vedono anche al presente i termini in pietra ben noti un tempo ai numerosi contrabbandieri.

La veduta che si ha dalla vetta che si estende per lungo tratto pianeggiante e vestita di faggi, meno dal lato settentrionale sul versante della Setta, dove è rocciosa e frana giù ripida ed inaccessibile, è immensa. Tutta la val di Bisenzio, e di là dalla Calvana, il Mugello intero si presenta agli occhi, chiuso dalla cerchia dell’Appennino. Tra la Falterona e la Vallombrosa, sorge nereggiante l’Ermo di Camaldoli, che non si vede da nessun’altra vetta dei Monti di Val di Bisenzio; la cima nuda e biancastra del M. delle Coste, e quella del Monteferrato, che visto dalla Scoperta sembra un cumulo di terra come quelli fatti dalle formiche; e la Serra de’ Faggi d’Iavello e poi una moltitudine innumerevole di contrafforti boscosi o nudi che si accostano e quasi si ritoccano, più o meno lunghi, più o meno inclinati, chi più chi meno volti alla stessa direzione. Sotto di sè, quasi a un trar di sasso, le pittoresche capanne di