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l’abisso e sa vincere le vertigini, gode ritto su quella rupe, una vista stupenda. Lo dica chi, seduto sull’orlo di quei massi, stette d’estate aspettando che il sole sorgesse dietro le vette dell’Appennino mugellano a vestir giocondamente di luce poggi e vallate.

Dal Piano ai Massi tenendosi un po’ a sinistra si trova la via che va su per la crina, dapprima fiancheggiata da piante di faggio, di poi per praterie: di qui l’occhio domina l’una e l’altra vallata e salendo un altro poco si giunge ai Faggi del Vai o alla Serra, (932 m). (Dal Piano ai Massi alla Serra 30 minuti).

È questo uno dei luoghi più deliziosi: oltre le piante dell’alto fusto vi sono cespugli e boschetti intramezzati da praticelli, talchè sembra d’essere in un bosco di giardino inglese. Di qui volgendo lo sguardo verso la pianura dell’Arno sul cadere d’una giornata serena, l’occhio abbraccia una veduta delle più mirabili, poichè sul fondo turchiniccio de’ monti a sud-est si mostra Firenze, dalla quale si parte un luccichio tremolante e continuo, essendo i vetri delle finestre e delle lanterne saettati dal sole che scende al tramonto.

Da questi Faggi del Vai ha principio un viale, coperto di finissima erba in mezzo ad un bosco di faggi, che fanno di quello amenissimo sito un ricovero fresco e grato nei caldi della state; e d’inverno, raffrenando i venti aquilonari e le bufere, ne diminuiscono la violenza, così che ritrovandosi là dentro sembra d’essere in luogo riparato, mentre le orecchie sono intronate dall’urlo sinistro dell’uragano, che scuote terribilmente i rami delle piante poderose.

Il viale è lungo un chilometro e mezzo circa e percorre sempre la crina ora salendo ora scendendo,