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tenacia. Perciò, dice il Farlati, gesuita, facilmente si aprì l’adito alla nostra società. Secondo gli autori della Biografia Universale antica e moderna, i gesuiti nulla avrebbero trascurato per determinarlo ad entrarvi, credendosi di aver trovalo in lui chi poteva procacciare gran lustro all’ordine intero1.

Ognuno sa come e quanto fossero potenti allora i Gesuiti. Per essi i papi si argomentavano di estirpare l’eresia e abbattere la Riforma, che poco tempo innanzi aveva sottratto alla Chiesa mezz’Europa. Essi colla rozza eloquenza di uno zelo eccessivo dapprima, e poscia colle attrattive di una erudizione elegantemente accomodata allo spirito del secolo, si erano fatti padroni degli ingegni e delle coscienze. La loro scienza era cortese e brillante, le loro dottrine erano tolleranti, liberali e comprensive. Essi assorbivano la miglior parte degli elementi ancor vivi di quella società italiana ormai corrotta e decrepita, indifferente ad ogni senso di pietà e di onore, già lungamente devastata da un naturalismo petulante su cui era passato stridendo lo scettico riso della rinascenza.

M. A. De Dominis durante il suo noviziato si applicò segnatamente allo studio delle matematiche, nelle quali si fece in breve sì esperto che venne proposto ad insegnarle nel Collegio Romano, ove le sue lezioni traevano costantemente un uditorio colto e numeroso. Non si sa precisamente la data del suo passaggio alla Compagnia di Gesù. Il Farlati osserva che negli archivi dell’Ordine, le cui librerie diligentemente cercò,

  1. Biographie universelle ancienne et moderne, Paris 1874 — (Opera compilata in Francia da una società di dotti e vôlta in italiano, edizione di Venezia 1824).