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LA TESTA DELLA VIPERA 97

attendo tutti fra un’ora sulla piazza grande... Va bene, così?

— Sì, sì, sì, gridarono i piccini, battendo le mani e saltando. Andiamo, mamma, vieni a vestirti.

— Eh! ci ho il tempo! rispose Matilde ridendo. Andateci intanto voi altri che ci impiegate un anno. Tu Alberto, accompagnali di là, e di’ alla cameriera che li acconci.

Alberto prese in braccio il più piccino, gli altri si attaccarono alle falde dell’abito, ed egli ridendo, gridando, baciando quello che gli si era appeso al collo, senza nemmen più pensare a salutare il cugino, se ne uscì dalla stanza. Fu come un piccolo turbine di allegrìa che si partisse.

Emilio seguì quel padre e sposo avventurato con uno sguardo che si sarebbe potuto dire feroce.

— Ah! si lasciò sfuggire a mezza voce. Che cosa non avrei dato, che non darei per la felicità di quell’uomo!

Matilde sollevò vivamente la testa, e fissò su di lui il suo sguardo limpido e penetrante.

— Che cosa dici?

Emilio fu sollecito a riprendere la sua maschera d’indifferenza.

— Nulla... Che Alberto è un uomo felice, e che se lo merita... e che tu hai avuto ragione a preferirlo... a tutti gli altri.

E si partì.

Lo spettacolo di simili scene, a cui la sua fre-