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LA TESTA DELLA VIPERA 85

Emilio scosse la spalla sogghignando, gettò in terra la pistola che teneva ancora in mano e si allontanò lentamente.

Cesare rientrò in casa con aspetto così turbato, che i genitori e la sorella subito s’accorsero che qualche cosa di grave gli era intravvenuto; e siccome era impossibile nascondere la verità, egli narrò con ogni particolare l’avvenimento di quella mattina. Amarissimi rimproveri glie ne fece Matilde, severissimi il padre e la madre.

Il signor Danzàno scrisse al figlioccio tali rampogne che gli levarono affatto la volontà di presentarsi nella casa del padrino a sentirsele ripetere in faccia.

Per tutta la città l’interessamento fu vivo pel ferito, rigorosa la disapprovazione pel feritore.

Il fisco, trattandosi di un duello che fece tanto rumore, e di cui la conseguenza era la vicina, temuta, pur troppo inevitabile morte di un uomo, si trovò in debito di procedere con qualche premura.

Emilio, per togliersi alle seccature del processo e alla indignazione della cittadinanza, di cui in quei primi giorni sentiva gravarsi addosso il molesto peso, dato sesto ai suoi affari, provvistosi d’una buona somma, senza dare un saluto a chicchessia, fuggì all’estero, coll’animo di non rimpatriar più che a cose quiete e protetto dall’oblìo che nella vita sociale, coll’ajuto del tempo, seppellisce ogni cosa.