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80 LA TESTA DELLA VIPERA

— Badate bene!... Sarete voi che l’avrete voluto. Io sono ancora disposto a darvi passata, purchè mi lasciate tranquillo e dimostriate, non fosse che con una parola, rincrescimento di quanto mi avete detto e fatto...

— O impudente vigliacco!...

— Basta, signore!... Non più insulti. Sarà come volete. Aspetto i vostri padrini, e di tutte le conseguenze avrete da dire mea culpa.

E ratto, senza che l’altro avesse più tempo a trattenerlo, Emilio s’allontanò e sparì dal ballo.

Alberto, quando tornò in sala, aveva tuttora in viso un poco di quell’espressione di sdegno che la scena con Lograve gli aveva eccitato, e Matilde se ne accorse.

— Con chi l’ha, signor Nori? gli disse mezzo scherzosa, mezzo sul serio, esaminandolo bene con que’ suoi occhî lucenti come diamanti sotto un raggio di sole. Qualcheduno l’ha fatta inquietare?

Il giovane rispianò subito la fronte, e seppe trovare un sorriso affatto di buon umore.

— Punto, punto, rispose; cioè sì, l’ho con un certo nojoso, che per discorrermi d’alcune sue bazzecole, m’ha fatto perdere una polka.

— Quel nojoso, se non isbaglio, è stato mio cugino.

— No, signorina.

— Mi è sembrato vederla parlare con lui e con mio fratello.

— Sì, poche parole... È stato un altro a trattenermi.