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LA TESTA DELLA VIPERA | 71 |
Essa lo interruppe con vivacità impaziente.
— È la mia libertà che mi vuoi togliere, la franchigia del mio destino. E con qual diritto? Non comprendi che la tua pretesa è tirannica, e che la mia promessa sarebbe assurda?
Emilio, assalito da un accesso di rabbia, strinse i pugni.
— Non vuoi dunque far nulla per me?... disse coi denti serrati. A un povero che incontri per via dai il borsellino, e il raggio di sole di un tuo sorriso; e a me che soffro, a cui il tuo diniego farà soffrire tormenti indicibili, rifiuti l’elemosina d’una speranza.
— Elemosina più crudele del rifiuto, quando la speranza avesse ad essere fallace.
— Tu ami già qualcheduno, proruppe con nuovo impeto il giovane. Dimmelo francamente, tu ami qualcheduno?
— Ti ho già detto di no: rispose con dignitosa freddezza Matilde; e non so mentire.
— Guai se ciò fosse! Credi tu che io potrei vederti appartenere ad un altro? Ah no, per Dio!
L’aspetto, lo sguardo, la voce di Matilde presero un’espressione di fiera risolutezza.
— Sei in un grande errore, Emilio, diss’ella, se credi che colle minaccie potresti ottenere quello che non puoi altrimenti. Io mi sento tanto coraggio da sfidare il tuo maltalento, e l’uomo che mi amasse, ch’io scegliessi, confido che sarebbe pur tale da affrontare i tuoi sdegni.
Emilio era diventato livido affatto.