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70 LA TESTA DELLA VIPERA

— Tu ami qualcheduno! proruppe Emilio con voce vibrante di collera.

Matilde sostenne fermamente col suo limpido sguardo quello fieramente torbido del cubino.

— Niente affatto, rispose tranquillamente; ma di certo non isposerò che l’uomo il quale riuscirà a farsi amare.

— E io non potrò mai esser quello?

La fanciulla tacque.

— Senti! riprese Emilio dopo un poco, mite e supplichevole più che seppe. Tuo padre mi diceva che siamo ambedue troppo giovani per accasarci. Forse ha ragione. Che cosa conosci tu del mondo e degli uomini? Qualche anno che passi può persuaderti che è una introvabile chimera quell’ideale che tu vagheggi. Io farò di tutto per accostarmi al modello da te pensato: e se tu m’ajuti, chi sa che non ci riesca. Intanto il tempo, coll’opera della volontà che in me è tenace, varrà a togliere dal mio carattere certe asprezze che ti dispiacciono... Sì, credilo, Matilde, tu puoi fare di me un altro uomo... Lasciami solamente un po’ di speranza: lasciamela, se non per altro, per compassione. Se pure è vero che hai il cuore libero, concedimi un tempo di prova.

Matilde, imbarazzata, malvogliosa, teneva gli occhî a terra, ma nella sua aperta fisionomia lasciava apparire la sua disapprovazione.

— Ti chiedo un anno solo. Promettimi che per un anno tu non darai ad altri il tuo cuore e la tua mano...