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LA TESTA DELLA VIPERA 63

— Conosci forse quell’imbecille laggiù che da un’ora ti sta divorando cogli occhî e col cannocchiale?

Matilde fece guizzare di traverso uno sguardo verso il giovane, e rispose freddamente:

— Non lo conosco, ma a vederlo non si direbbe un imbecille.

— Te lo dico io, soggiunse Emilio imbizzito: io che lo conosco bene, perchè è stato mio compagno di collegio.

— Oh guarda! esclamò la fanciulla sorridendo: dal collegio dov’eri tu ce n’escono degli imbecilli?

Emilio si morse le labbra.

— Già! disse poi con un sogghigno da itterico: giudicando da me non l’avresti creduto... Quello là poi era inoltre un prepotente villano, che abusava della sua forza manesca per imporsi ai compagni.

— Ah sì? disse la ragazza con intenzione e guardando bene in faccia il cugino. Allora ei non era mica un imbecille, ma un tristo che, abusando d’una sua superiorità per fare prepotenze, commetteva una cattiva azione.

Emilio non disse più nulla; e dopo un poco scese in platea. Quell’altro aveva pur riconosciuto l’antico condiscepolo, e appena questi comparve sulla porta, gli fu accosto sollecito, chiamandolo per nome.

— Lograve!

Emilio lo guardò freddo.

— Signore?