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58 | LA TESTA DELLA VIPERA |
mostrò di saper godere dei suoi denari senza sciuparli e senza lasciarsene mangiare. Abbandonò l’alloggio paterno, e prese un allegro quartierino in una delle più belle case della parte più nuova ed elegante della città; lo arredò con gusto senza eccedere nello sfarzo. Si provvide di due cavalli che potevano servire da tiro e da sella, frequentò feste, conviti e teatri. Ebbe numerosi duelli nei quali diede sempre prova della sua invincibile superiorità nel trattare le armi; fu temuto e quindi rispettato in società: non ebbe amici e non ne cercò; dal cugino Cesare in fuori, sul quale conservava e anzi veniva accrescendo quell’autorità, quell’influenza che gli aveva posto addosso fin dalle prime prove del suo coraggioso sangue freddo nel pericolo e della sua abilità di armeggiatore. Una sola casa frequentava Emilio, ed era quella dei Danzàno. Al padrino erano dispiaciuti e dispiacevano i diportamenti da accattabrighe del figlioccio; e severamente aveva rimbrottato Cesare che in quasi tutti gli scontri era stato testimonio e padrino di Emilio; ma questi sapeva trovare sì speciose ragioni per difendere sè stesso e scusare il cugino, che il vecchio Danzàno finiva per tacersi, non persuaso, ma vinto.
— La natura, diceva il giovane Lograve, non ha voluto darmi nessun vantaggio nel mondo; non mi ha fatto bello, nè potente per nascita, neppur forte di muscoli; mi ha fatto per essere zimbello e vittima di tutti, se io non sapessi col coraggio e coll’ingegno difendermi.