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LA TESTA DELLA VIPERA | 55 |
— Ne abbiamo già fatte troppe parole, disse; è tempo di finirla... Qui la chiave!
Marianna tornò alla rivolta.
— No, no! urlò essa. Mi toglierete prima la vita.
E fattasi pavonazza in volto, gli occhî lampeggianti, digrignando i denti, la schiuma alla bocca, si slanciò di nuovo contro Emilio, gridando:
— Apritemi... aprite quella porta... Voglio uscire, lo voglio!
Egli la respinse con un forte pugno nel petto.
— Non vuoi darmela quella chiave?... Ebbene, io ne farò senza.
E approfittando dello sbalordimento prodotto nella vecchia dal colpo ricevuto, egli fu all’uscio, lo aprì in tutta fretta, e stava per isgusciar fuori. Marianna accorse, s’aggrappò a lui, lo strinse, lo graffiò, lo morse, soffiando, gemendo, imprecando, gridando; fu un’ignobile lotta, che l’uomo finì per vincere, liberandosi dalla stretta di quella furia e ricacciandola vivamente entro la stanza. La vecchia andò a cadere lunga e distesa sul pavimento, e il giovane, uscito sollecito, la rinchiuse dentro a giro di chiave.
Marianna rimase un poco immobile, mezzo svenuta, poi, risensando di colpo e pensando a quello che poteva succedere nella sua camera, sorse con impeto, si gettò contro l’uscio percotendolo, tentando staccarne la serratura, gridando ajuto, soccorso, piangendo, bestemmiando, arrovesciandosi le unghie, scorticandosi le mani,