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LA TESTA DELLA VIPERA 45

ajuto. Quando ebbero tirato su e coricato in letto il caduto, che rantolava sempre senza dar segno di cognizione, il giovane medico si accorse subito della gravità delle condizioni di suo padre. Un’orgia maggiore e più prolungata, l’emozione del giuoco, fatta più violenta dalla vistosa entità delle perdite, avevano prodotto quell’insulto apoplettico, che il figlio già da tempo aveva preveduto.

La vecchia Marianna si affannava intorno all’infermo, fregandolo, scuotendolo, coprendolo di pannicelli caldi; inumidendogli di acqua e aceto fronte e labbra, lamentandosi, invocando santi e madonne, chiamandolo disperatamente per nome.

— Sor Lorenzo, dica che cosa ha?... Non mi sente! Non mi vede?... O Dio buono! Santa Madonna del Carmine, non l’ho mai visto in questo stato!

E, dimenticando, nello spavento di quell’istante, le forme rispettose ch’egli pretendeva da lei in presenza d’altri, anche del figlio, si lasciò scappar detto:

— Rispondimi, Lorenzo... non lasciarmi in tanta inquietudine.

S’accorse in quella della presenza di Emilio e del sogghigno mefistofelico cui gli metteva sulle labbra quella famigliarità della vecchia serva verso suo padre.

— E tu che fai? gli disse con ira: non sei buono che a star lì impalato?... È pur inutile che tu abbia studiato da medico, se non hai nemmeno appreso a soccorrere tuo padre.