Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LA TESTA DELLA VIPERA | 41 |
fischio della palla, così passò essa lontana dalle orecchie di lui. Fissando bene in volto l’avversario ed abbassando lentamente la pistola, Lograve disse con accento pieno di sarcasmo:
— Lo schifoso mostricciuolo, caricatura di scimiotto, ha la tua vita nelle mani... e te la regala. Mi contenterò di bucarti il cappello due dita al di sopra della testa.
Sparò, e il cappello del giovane rotolò per terra. I padrini che lo raccattarono, mentre il padrone di esso rimaneva come sbalordito, videro con meraviglia come la palla avesse colpito esattamente al punto che il tiratore aveva detto.
— E ora, disse Emilio con superbo disdegno, se al signore piace, ricominciamo pure.
Tutti d’accordo i padrini determinarono che non si aveva da continuare altrimenti. Emilio fece un lieve cenno di saluto col capo, e s’allontanò fieramente, senza volere stringere la mano all’avversario.
Di quel duello se ne fece un gran discorrere nella università e per tutta la città. Il giovane Lograve fu d’allora temuto, rispettato, non più amato di prima. In casa Danzàno, di quel fatto il padre ne fu assai dispiacente, e ne mosse severe rampogne a Cesare, il quale non nascondeva la sua ammirazione pel cugino; al figlioccio pure egli espresse la sua disapprovazione; ma Emilio con tanta umiltà seppe rispondere che, fatto segno a continui dispregi, aveva resistito e tollerato fino che aveva potuto, lasciando