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LA TESTA DELLA VIPERA 181

— No... e puoi contare che il tuo Alberto è morto.

Fece per partire. Matilde sollevò la rivoltella che aveva istintivamente impugnata. Che cosa successe in lei, quale coscienza ella avesse degli atti suoi, in quel momento, non seppe pure spiegar mai a sè stessa; sparò...

Emilio, che già aveva un piede al di là della soglia, gettò un gran grido; si volse ratto.

— Mirato giusto, per Dio! esclamò, e agitate le braccia, cadde lungo e disteso sul pavimento.

Madide rimase un momento immobile, sbalordita, coll’arma in mano; poi, capito quel che era successo, mandò una esclamazione d’orrore, gettò via l’arma e s’accostò al caduto.

— Emilio! Emilio!

Egli giaceva supino, e nelle pupille che vagavano incerte, veniva spegnendosi la vita.

— Sei ferito?... Cos’hai?... ella domandò, chinandosi su di lui.

Egli non diè segno d’aver inteso; le sue pupille s’offuscavano sempre più. Siccome in lui non appariva nessuna traccia di ferita, Matilde, benchè col cuore serrato dallo sgomento, non poteva persuadersi che sì funeste conseguenze avesse quel suo atto quasi inconscio; ma ad un tratto vide di sotto il capo del caduto spuntare e scorrere un rivolino rosso che si venne allargando e fece in breve sullo spazzo una pozza di sangue.

La palla aveva colpito Emilio dietro l’orecchio destro: la mano inesperta di quella donna