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LA TESTA DELLA VIPERA 179

ripugnanza, ogni rancore, ogni disprezzo per quell’uomo, e con voce piena di supplicazione, quasi d’affetto, continuò:

— O Emilio!... Per tutto quello che c’è di più sacro sulla terra, per l’anima tua, se tu possa esser lieto e felice, non rigettare una povera madre che t’implora... Io sono stata sdegnosa e superba teco... Vuoi che mi umilii a te dinanzi? Eccomi a’ tuoi piedi! Abbi pietà di me, abbi pietà di mio padre, abbi pietà de’ figli miei!

E si gettò ginocchioni, tenendolo sempre per le mani, sollevando verso di lui quel suo bel viso acceso di commozione, di desiderio, di speranza, que’ suoi occhî splendidi, pieni di tanta luce, di tanto amore. Era, in quell’atto, così potentemente bella, che tutto il fuoco della passione in Emilio divampò, divenne irresistibile. Egli si chinò verso di lei, gli occhî fiammeggianti di libidine, le labbra tumide e frementi; l’afferrò alla vita per sollevarla a sè, e balbettò con voce rotta dalla intensità della passione:

— Ebbene, sì... se vuoi!... Egli mi aspetti là... invano... e tu compensami col tuo amplesso.

Per Matilde fu come se vedesse a un tratto drizzarlesi innanzi il capo d’una vipera. Balzò in piedi, si sciolse bruscamente dalle braccia di lui, e respingendolo da sè con tutta la sua forza, esclamò:

— Miserabile!... miserabile!... Mi fai ribrezzo ed orrore!...

Successe un momento di silenzio. Emilio si