Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LA TESTA DELLA VIPERA | 173 |
Questa idea, questa terribile paura le ridiede un poco di forza. Si buttò giù dal letto, si fece ajutare dalla cuoca a vestirsi, che da sola non avrebbe potuto. E intanto la sua testa faticosamente, penosamente lavorava.
Maledizione a quel sonno che l’aveva tenuta inerte, mentre avrebbe potuto agire. Agire? Ma come? Che cosa avrebbe essa potuto fare per impedire il passo fatto da Emilio? Le pareva che parlando con Alberto un’idea per ciò le si fosse affacciata: ora quest’idea di cui sentiva pure come una traccia nel cervello, si rifiutava di lasciarsi rievocare, appariva appena, vaga, inafferrabile e svaniva in un bujo che faceva smarrirsi quel povero spirito doloroso. Ma e ora che cosa era da farsi? forse si battevano... Dove?... Oh saperlo!... Bisognava scoprirlo, indovinarlo... Ella si sarebbe gettata là in mezzo a loro, avrebbe fatto riparo di sè al padre de’ suoi figli. No, non l’avrebbe lasciato ammazzare. Ma dove andare? e sola, svigorita come si sentiva? Se suo padre potesse ajutarla!... Ma sarebbe stato necessario apprendere tutta la brutta verità a quel povero vecchio malaticcio, che ne avrebbe chi sa quanto sofferto! Matilde ricordò a tal punto il soporifero dato al convalescente da Emilio, e sentì rimorso di non averci pensato prima. Si trascinò nella camera di suo padre. Questi svegliavasi appunto allora; disse aver dormito sodo, ma di un sonno pesante che parevagli averlo stancato più che sollevato, e che gli aveva lasciato il capo confuso, il cer-