Pagina:Bersezio - La testa della vipera.djvu/174

172 LA TESTA DELLA VIPERA

la misera donna stette dapprima in un momento di fortunato oblìo di quanto era avvenuto; poi la mente ancora confusa travide la funesta verità, ma annebbiata ancora, ed essa si domandò se era un angoscioso sogno che avesse fatto, oppure una crudele realtà. Aimè! il dubbio non durò a lungo. Il sentimento della brutta realtà invase ad un tratto, quasi con violenza, l’animo della poveretta; essa sorse a sedere sul letto: gettandosi le mani alla fronte e chiamando con voce tremula per angoscia e paura: Alberto! Alberto! Nessuno rispose. Matilde volle scendere dal letto; ma si sentì così fiaccata, che si persuase non avrebbe potuto reggersi in piedi. Afferrò il cordone del campanello e suonò. Le altre mattine Lisa era sollecita ad accorrere, quel giorno nessuno venne. Matilde tornò a suonare parecchie volte con crescente forza finchè riuscì a scuotere la cuoca nella lontana cucina e la fece accorrere al letto della padrona.

Questa apprese così che la Lisa e Battista non si trovavano da nessuna parte, che all’alba era venuto il servo del signor Lograve con un biglietto pel signor Cesare e che poco dopo i cognati erano usciti insieme. Dov’erano andati? — Ah! la cuoca non lo sapeva, perchè dalla sua cucina non aveva potuto vedere da qual parte si fossero diretti. Matilde mandò un gemito. Era certo che la provocazione era venuta con quel biglietto di Emilio, e che il duello doveva aver luogo, forse succedeva in quel momento, forse già era avvenuto!