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LA TESTA DELLA VIPERA 171

berto senza indugio. Quanto a Emilio, aggiungeva, dovergli essere sopravvenuto qualche cosa perchè uscendo di casa egli aveva udito il domestico mandare esclamazioni di meraviglia e di spavento e domandare ajuto, ma Cesare affermava di aver troppa premura di venire dal cognato per fermarsi a chiedere che cosa fosse avvenuto.

I due cognati arrivarono correndo alla villetta e furono di balzo nella camera di Matilde.

Alla voce del marito che la chiamava, la giacente si riscosse, aprì gli occhî, la luce dell’intelligenza tornò a brillare in essi; ed esclamando con immenso affetto: — Ah! mio Alberto, mio Alberto! essa gli gettò le braccia al collo e ruppe in un pianto dirotto da cui ebbe subito grandissimo sollievo.

XVII.

Emilio, quando Cesare si fu partito da lui, ordinò al servo di andare al villaggio a far allestire il carrozzino, perchè fra un’ora al più, egli sarebbe partito, poi, rimasto solo in casa, egli finì di preparare una sua valigetta, si pose in tasca tutti i denari e i valori, e visto che mancavano appena dieci minuti alle sei e mezza, prese sulla tavola del salotto la rivoltella che già aveva sceverata dalle altre, e si mosse per uscire. Ma sulla porta s’incontrò in una donna che entrava impetuosa. Era Matilde.

Svegliatasi poco dopo la partenza d’Alberto,