Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
14 | LA TESTA DELLA VIPERA |
occhî rinchiusi, la pelle tutta grinze, la carnagione gialliccia; e non cessava quel gemicolìo, che rivelava un continuo malessere.
La moribonda balbettò con accento d’immenso desiderio:
— Baciarlo!
La suora di carità pose presso le labbra della morente il visino patito del bimbo.
— Oh, figlio mio! susurrò la madre infelice. Lasciarti... in mano di... O Dio pietoso!... Lo raccomando... Preghi...
Un ultimo sguardo supplicante rivolse alla monaca; le labbra cessarono di baciare e di parlare; una lieve contrazione corse per tutto il corpo della poveretta e con un sospiro il capo si reclinò sulla spalla.
La monaca porse il bambino alla balia.
— Prendete, portatelo di là... Questo innocente non ha più madre!
Marianna fece vedere fra i battenti dell’uscio la sua faccia rubiconda.
— Finito? domandò.
— Sì! rispose la monaca, la quale con mano pietosa subito richiuse alla morta gli occhî e le labbra, ne adagiò il capo sui guanciali, congiunse le mani sopra le coltri e pose fra esse un crocifisso mormorando preghiere.
Marianna s’avanzò lentamente, quasi riguardosa verso la morta; la contemplò un istante con uno sguardo di espressione difficile a definirsi, ma non certo di dolore; e poi disse freddamente: