Pagina:Bersezio - La testa della vipera.djvu/149


LA TESTA DELLA VIPERA 147

— Sei però molto turbata ancora.

— Ho paura che tu ne soffra. Piuttosto t’accompagno io nella tua camera, e sto là un poco al tuo capezzale... finchè tu ti sia riaddormentato... Quanto mi rincresce d’averti rotto così il sonno!

— Non ero mica addormentato del tutto... Ero in una specie di dormiveglia... Hai fatto male a non lasciarmi bere tutta la pozione preparatami da Emilio... Avrei certo dormito tutta la notte... Sarà meglio ch’io beva il resto.

— No, no, s’affrettò a dire Matilde. Abbi pazienza; quei soporiferi conviene usarli con molta moderazione... Intanto torniamo a letto... Vieni, t’accompagno.

Era pensiero di Matilde ricoverarsi così nella camera del padre e rinchiudendovisi con lui aspettare che il giorno venisse a liberarla. Ma il padre adagiandosi sul sofà con una nuova compiacenza, disse:

— Aspettiamo ancora un poco... Ci si sta benissimo qui... Mi sento prendere da una certa stanchezza...

— Ragione di più per tornare subito in letto.

— È strano come la testa mi pesa...

— Vieni dunque...

— Andiamo.

Fece per alzarsi: ma in quella un subito pensiero attraversò la mente di Matilde. Ricoverata nella camera del padre, ella sarebbe salva; ma la camera dei figli era aperta, ed essi rimanevano in balìa di quello scellerato