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LA TESTA DELLA VIPERA 141

in furia una vestaglia da camera che la copriva da capo a piedi, prima che l’intruso facesse un atto o dicesse una parola. Poi essa afferrò il cordone del campanello allato al capoletto e gli diede una violenta strappata.

Emilio, nell’oscuro dell’alcova, s’accorse che la donna s’era mossa, ma non potè vedere quel che avesse fatto; di colpo la vide, tutta coperta di quella vestaglia, sbucar fuori dalle tende e correre verso la camera dei bambini. L’idea di Matilde era precipitarsi colà, chiudersi dietro l’uscio a chiave, chiamare soccorso, e ad ogni modo difendere i suoi figli.

— Matilde! disse Emilio con voce sommessa e per quanto potè soave. Non ispaventarti... Sono io.

La giovane donna si fermò.

— Tu Emilio!... A quest’ora?... E come entrato? Che vuoi?

Le venne subito il sospetto del vero, e con questo sospetto un’ira che le accrebbe il coraggio. Le pareva che un tristo simile, sarebbe bastato ad annientarlo il suo disprezzo. Lo guardava con aria di sicurezza e di sfida, e quello sguardo, nella penombra, luceva stranamente.

Quello sguardo irritò ancora, se pure ne fosse bisogno, i feroci propositi di quello scellerato.

— Che cosa voglio? egli rispose. Te lo dico subito... Ma siccome non è cosa che si possa sbrigare in poche parole, se non ti dispiace, ac-