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LA TESTA DELLA VIPERA 139

difensore, un salvatore della signora Matilde era trovato: il marito che se ne stava tranquillo a quella festa. Lo disse alla Lisa.

— O Dio! esclamò questa: ma i due uomini si sbudelleranno...

— Che! notò Battista. Il signor Alberto con un pugno schiaccierà quella cimice del Lograve.

— Ma si arriverà in tempo?

— Ah! esclamò Battista allargando le mani e curvando le spalle per indicare che questo sarebbe stato il compito della Provvidenza.

Fermò il cavallo e diede le redini alla Lisa.

— Aspetta qui due minuti... Vado e torno.

— Che cosa vuoi fare?... Cosa vuoi dire al padrone?

— Non lo vedrò neppure... Lo farò avvertire... Lascia, lascia fare a me.

E prese la corsa verso la villa illuminata. Arrivò nell’atrio di questa, ansimante e con aspetto turbatissimo, così che il domestico della casa in cui s’incontrò, prima stentò a riconoscerlo, e poi si sgomentò nel vederlo a quel modo.

— Tu qui, Battista? A quest’ora!... Oh che cosa è avvenuto?

E il servo del Nori, mezzo trafelato:

— Di’ subito, ma subito, al mio padrone e al signor Cesare che corrano a casa... in fretta... senza il menomo ritardo... che corrano... ammazzino anche il cavallo... ma volino.

— Che cosa c’è?... Il fuoco?... La signora ha preso male?... Il padre della signora?