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138 | LA TESTA DELLA VIPERA |
Matilde abbandonata, senza difesa; la buona signora Matilde tradita per quel denaro. Lisa si rivoltava contro tale iniquità.
Quella signora, tutta quella famiglia, non avevano fatto che del bene a loro due. Come aveva potuto dimenticarlo Battista?
Ah! la signora Matilde bisognava salvarla. Lisa voleva tornarsene indietro, gettare in faccia a quello scellerato il suo denaro e lui fuori dalla finestra. Quel denaro, prezzo di tanto delitto, avrebbe loro recato sfortuna. Ella pregava, scongiurava, imprecava.
Battista non rispondeva nulla, non badava che a far correre il cavallo; ma frattanto anche nel suo animo, già travagliato da un’intima scontentezza di sè, le parole di Lisa riuscivano a far nascere il rimorso.
Rinunziare a quella somma che teneva in tasca e di cui palpava di quando in quando la grossa busta, quasi a persuadersi di realmente possederla; rinunziare a Lisa, alla vita felice che aveva sognata e cui credevasi pervenuto a procurarsi, no, non poteva; ma se ci fosse pur modo di soccorrere la signora Matilde!...
Il cavallo correva sempre. Già si vedevano le prime case del villaggio di X, presso il quale bisognava passare per giungere alla frontiera. Tutto il villaggio era immerso nell’oscurità, fuori d’un’elegante villa, appartata dal resto dell’abitato. Era la villa degli ospiti di Alberto e di Cesare, dove aveva luogo il ballo. Una subita idea attraversò la mente di Battista. Un