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12 | LA TESTA DELLA VIPERA |
Marianna, si animarono e presero un’espressione di ripugnanza, di rancore insieme e di paura.
— Via!... via colei! balbettò la misera. Non mi ha ancora fatto male abbastanza?
Marianna si ritrasse vivamente indietro, facendosi nascondere dalle cortine alla vista della giacente, e intanto susurrò alla monaca:
— Il solito delirio... Non riconosce più le persone a cui essa era affezionata.
La monaca non disse nulla.
Lo sguardo della moribonda andò a porsi sopra una culla che stava presso la finestra. La coscienza e l’intelligenza tornarono del tutto in quell’essere vicino ad estinguersi.
— Mio figlio! diss’ella con voce alquanto più forte. Voglio vederlo.
— Il bambino non è qui, disse la monaca.
— Dov’è? dov’è? Me l’hanno rapito?
E il capo le si agitò sul guanciale, e le mani brancicarono più irrequiete sulle coltri.
— Si calmi, cara Luisa, soggiunse la suora; il bambino è di là che dorme colla nutrice.
— Ah! la balia! susurrò la moribonda; so che l’hanno dato alla balia... Me l’ha portato via la balia.
— No, no, stia tranquilla, è di là; creda alla mia parola.
— Voglio vederlo... voglio vederlo.
S’agitò maggiormente; la voce le si era fatta più forte, un lieve rossore le salì alle guancie e faceva uno strano contrasto col giallognolo della fronte.