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128 | LA TESTA DELLA VIPERA |
— Dimmi la verità. E se io posso qualche cosa in tuo ajuto, parla con fiducia, che ti prometto di far tutto che sta in me.
— La signora è troppo buona! esclamò la cameriera commossa, ma non ho nulla davvero.
— O forse non istai bene?
Lisa s’affrettò a prendere questa scappatoia.
— Ecco... sì, signora... la è così... Da un po’ di tempo non istò bene.
— Che cosa ti senti?
— Ma... capogiri... languori... affanni... agitazione... un malessere generale... Ho paura di non poter continuare nel servizio... penso che dovrò abbandonare la casa... lei.... e questo pensiero mi è così doloroso, mi dà tanta pena, che....
E scoppiò in pianto.
— Via, via, disse Matilde con sempre maggiore amorevolezza; non crucciarti così... consulteremo un medico... ti faremo guarire senza che tu abbia ad abbandonarci... Sono contenta di te, ti voglio bene, e sarai trattata come una della famiglia.
— Ah! signora! Lei è un angelo! esclamò Lisa sempre più commossa, e, afferrata una mano della padrona, la coprì di baci e di lagrime; poi con uno sforzo si tolse di là e uscì ratta dalla camera senza più aggiungere parola.
Matilde pensò subito richiamarla, ma poi avvisò meglio aspettare il domattina a interrogarla più particolareggiatamente; e senz’altro si pose a letto. Una preoccupazione, quasi una